Si può scegliere di essere felici?

Il genere umano è alla ricerca della felicità dalla notte dei tempi. Nell’antica Grecia per essere felici era necessario nascere sotto una buona stella: essere fortunati; la parola che usavano per dare un nome alla felicità era eudaimonia termine che deriva dall’unione di eu: bene e daimon: demone/sorte.

Anche secondo Aristotele lo scopo dell’essere umano è la ricerca della felicità: riconosce il ruolo della fortuna, ma individua come fattore causale della felicità l’autorealizzazione che si ottiene coltivando quelle potenzialità che permettono di realizzare ciò che ogni essere umano ha dentro di sé: il proprio daimon. “Se nel corso della vita il proprio demone ha una buona (eu) realizzazione si raggiunge la felicità (eu-daimonia), che dunque non risiede fuori di noi nel raggiungimento delle cose del mondo (piaceri, soddisfazioni, salute, prestigio, denaro), ma nella buona riuscita di sé.” [Galimberti 2009].
Se la felicità ha origine dentro di noi e non dipende da fattori esterni come i soldi, le automobili di lusso, i vestiti firmati o una buona posizione lavorativa: cosa sarà necessario fare per essere persone felici?
È un interrogativo, questo, a cui ha cercato risposta non soltanto l’antica filosofia, ma anche, e soprattutto la psicologia. Martin Seligman, uno dei padri fondatori della psicologia positiva, sostiene che esistono 3 tipologie di vita felice:
La vita felice che deriva dalle emozioni positive
Quando proviamo delle emozioni positive ci sentiamo felici, ma è anche vero che la felicità che ne deriva ha dei limiti in quanto ci si abitua velocemente alla sensazione di benessere e l’effetto di euforia iniziale tende a scemare rapidamente.
La vita felice e piena di significato
Lo psichiatra Viktor Frankl sostiene che si possa raggiungere la felicità dando un significato alla propria esistenza. L’autore propone la logoterapia: un metodo psicoterapeutico, noto anche come analisi esistenziale, utilizzato per guidare le persone verso la conoscenza del significato della loro vita e dei loro valori. (Fizzotti, 2007)
La vita felice che deriva dalle esperienze ottimali
Lo psicologo Mihaly Csikszentmihaly chiama queste esperienze ottimali stato di flow. Quando siamo immersi in un’attività coinvolgente, ad esempio durante la creazione di qualcosa di nuovo, l’ambiente, i rumori e il nostro corpo quasi spariscono. È come se l’esistenza fosse temporaneamente sospesa. Le caratteristiche dello stato di flow sono:

  • Concentrazione intensa che conduce a un senso di estasi;
  • Senso di chiarezza nel sapere cosa fare e come farlo;
  • Quello che si sta facendo è realizzabile nonostante sia difficile;
  • Si perde il senso del tempo e della propria persona;
  • Ci si sente parte di qualcosa di più grande;
  • Quello che si sta facendo vale la pena di essere fatto per il gusto di farlo. Lo stato di flow si realizza quando si sta facendo quello che si ama fare, mettendo in campo le nostre capacità.

Osservando l’immagine, vediamo diverse aree tra cui quella corrispondente allo stato di flow.Se ci troviamo nella zona dell’eccitazione siamo vicini all’esperienza ottimale, ma la sfida dell’attività che stiamo svolgendo è troppo alta per le nostre capacità quindi, per entrare nella zona del flow dobbiamo aumentare le nostre competenze rispetto a quel compito. Se ci troviamo nell’area del controllo invece, significa che stiamo svolgendo un’attività poco stimolante quindi, per entrare nello spazio della situazione ideale, dobbiamo aumentare la difficoltà del compito. Ci deve essere un bilanciamento tra la sfida e le nostre capacità: il compito non deve essere né troppo facile né troppo difficile, ma stimolante. Più ci allontaniamo dalla zona del flow e più proveremo malessere. Nell’area dell’apatia ci sentiamo come se non stessimo facendo nulla, non stiamo usando le abilità e non c’è sfida. (M. Csikszentmihaly, 2004)
Secondo Seligman, per poter trascorrere la maggior parte del nostro tempo nello stato di flow dobbiamo conoscere bene le nostre potenzialità, i nostri punti di forza, le attitudini personali e utilizzarle il più possibile nelle diverse aree della nostra vita. (Seligman, 2005)
Si può apprendere il modo per essere felici? Michael Fordyce risponderebbe sì! L’autore iniziò a studiare la felicità negli anni ‘60 e, dopo aver condotto una serie di ricerche, nel 1983 propose un programma per insegnare 14 principi che contraddistinguono le persone felici: il Subjective Well Being Training (SWBT).
Vediamo quali sono questi elementi:

  • Essere Più attivo e occupato
  • Passare più tempo socializzando
  • Essere produttivo in occupazioni significative
  • Organizzarsi meglio e pianificare le cose
  • Smettere di preoccuparsi
  • Ridimensionare le proprie aspettative e aspirazioni
  • Sviluppare pensieri ottimisti e positivi
  • Essere orientati al presente
  • Lavorare su una personalità sana
  • Sviluppare una personalità espansiva e socievole
  • Essere se stessi
  • Eliminare i problemi e i sentimenti negativi
  • Le relazioni intime vanno messe al primo posto
  • Mettere la felicità al primo posto

Si può scegliere di essere felici facendo propri i 14 principi di Fordyce?Come visto, ci sono diverse strategie da utilizzare per vivere una vita all’insegna della felicità: godere delle emozioni positive, immergerci nelle attività che amiamo e che ci permettono di utilizzare le nostre potenzialità, dare un senso alla nostra vita e renderla ricca di relazioni intime, compiere azioni significative, trovare la motivazione interna, che è quella che ci permette di essere autonomi e responsabili delle nostre scelte e ci spinge verso l’obiettivo: essere felici.

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